Jul
19
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Quale banca scegliere per aprire un conto deposito

Author admin    Category Guida conti deposito     Tags

I conti di deposito sono – semplicemente – dei conti che poggiano su conti correnti classici, dai quali vengono alimentati tramite bonifico. Se il titolare di un conto corrente dispone di liquidità di cui non ha immediato bisogno può versarla sul conto di deposito, in maniera tale da godere del tasso di remunerazione più alto che esso garantisce. Nel momento in cui ha bisogno di denaro, poi, non deve fare altro che prelevare dal conto deposito la liquidità di cui necessita e trasferirla sul conto corrente. Ma quali sono i criteri da adottare per la scelta della banca presso cui aprire un conto deposito?

E’ bene sottolineare, in primo luogo, che questo tipo di prodotto non prevede spese né per l’apertura né per la chiusura. Nella maggior parte dei casi non bisogna fare altro che compilare il modulo di apertura on line, stamparlo e, dopo averlo firmato, spedirlo alla banca per posta, unitamente a una copia del proprio codice fiscale e della propria carta di identità. Talvolta viene richiesto un bonifico, anche di pochissimi euro, per avere la certezza di essere identificati. Occorre, in ogni caso, valutare con attenzione la solidità e l’affidabilità degli istituti di credito che garantiscono i conti di deposito. Sebbene oggi i consumatori siano spesso diffidenti (non a torto), è bene precisare che, fino a una somma complessiva di 100mila euro, i depositi sono sicuri e a rischio zero, poiché sono garantiti dal Fondo di Tutela dei Depositi. Non fa male, ad ogni modo, informarsi sulla consistenza delle banche cui ci si affida. Un istituto solido, innanzitutto, dovrebbe avere un Core Tier superiore al 6 %. Il Core Tier è un indicatore di bilancio che quantifica la solidità delle banche. Bisognerebbe guardare, inoltre, al coefficiente di solvibilità (in pratica, il patrimonio netto diviso attivo), che dovrebbe essere superiore all’8 %. L’altro aspetto cui occorre prestare la massima attenzione è la leva finanziaria, vale a dire il numero di volte in cui l’istituto ha fatto girare il denaro rispetto al patrimonio. In altri termini, tanto più elevato è tale valore, quanto più consistenti sono i rischi che il patrimonio venga azzerato da eventuali svalutazioni o perdite. Attenzione, dunque, specialmente alle banche straniere: istituti come Barclays o Ing sono caratterizzati da indicatori nettamente sopra la media, e Ing, in particolare, avrebbe avuto una leva di 70 se non avesse ricevuto aiuti dallo Stato olandese (Ing è stata la prima banca a proporre il conto deposito, il celebre Conto Arancio). Il massimo valore di leva che sarebbe consigliabile per un istituto di credito è di 12 o 13 volte. Basti pensare che una leva finanziaria di 50, per una banca, potrebbe causare un fallimento con un tasso di perdita di solo il 2 % sugli attivi (a meno di interventi di salvataggio provenienti dall’esterno, naturalmente). Si tratta, ovviamente, di ipotesi teoriche, visto che nella maggior parte dei casi gli Stati nazionali intervengono – anche in misura significativa – a difesa del sistema bancario.

Ma in tempi di crisi è sempre meglio evitare di fare totale affidamento su questo tipo di interventi.

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